CEDOLARE SECCA: MAXI SANZIONI

Provare a nascondere al Fisco un affitto di mille euro, con il nuovo regime potrà costare al proprietario cento volte tanto. E anche per i “vecchi” evasori, che in questi anni non hanno registrato fedelmente i contratti e non hanno scritto nella dichiarazione dei redditi tutto o parte del canone ricevuto dai propri inquilini, arrivano pessime notizie: il rischio di essere scoperti si fa decisamente più concreto e, se non si corre a mettersi in regola con la registrazione entro il 6 giugno, le penalità si moltiplicano rispetto a quelle previste fino a ieri.

La cedolare secca, entrata in vigore giovedì insieme al decreto sul federalismo municipale (decreto legislativo 23/2011), insieme alle gioie per i contribuenti onesti (più si dichiara più si guadagna con il nuovo regime) porta dolori per chi prova a sfuggire al Fisco. Per andare subito al sodo, puntiamo sui numeri: le sanzioni e le penalità previste dalle nuove regole per il proprietario di un appartamento che dichiara 20mila euro di reddito all’anno ma “si dimentica” di aggiungere i 12mila euro che riceve dall’inquilino, e per mettersi al riparo dai controlli, evita anche di registrare il contratto di locazione.

Dal punto di vista delle sanzioni, per l’evasione realizzata fino a oggi si dovrebbero applicare le vecchie norme, anche se il decreto non lo chiarisce: pur applicando il principio del «favor rei» (si veda l’articolo sotto), le novità non mancano. Collocandosi nel secondo scaglione di reddito, il contribuente esaminato qui a fianco ha sottratto al Fisco 3.240 euro di Irpef all’anno, cioè il 27% dei 12mila euro di canone. Se viene scoperto, oltre all’imposta arretrata (12.960 euro per i quattro anni del contratto) e alla sanzione (fino a 31.104 euro), rischia ora di incappare nella tagliola del nuovo contratto imposto al proprietario “infedele”: un «4+4» in cui il canone non può superare il triplo della rendita catastale.

Per il nostro «contribuente-tipo» il meccanismo si tradurrebbe in un taglio dell’affitto del 76% (la sua rendita catastale, tratta dai dati reali di una grande città, è 933 euro), che nei quattro anni successivi costerebbe al proprietario quasi 27mila euro di mancati introiti. Totale delle penalità: 70.928 euro. Proprio quest’ultima novità attiva per la prima volta il contrasto d’interessi, e moltiplica per il proprietario il rischio di essere denunciato dall’inquilino. Per evitarlo c’è solo una via, quella della registrazione del contratto entro il 6 giugno, termine fissato dal decreto: è vero che in questo modo si dà all’amministrazione uno strumento in più per contestare l’evasione maturata finora (la regolarizzazione non annulla gli accertamenti sul pregresso), ma almeno non si offre all’inquilino un maxi-incentivo alla denuncia.

La stessa minaccia incomberà ovviamente anche sulla nuova evasione, che dovrà fare i conti anche con una stretta ulteriore: le sanzioni per quel che non si è dichiarato raddoppiano (e nel caso qui esaminato possono arrivare a 62.208 euro) e, stando alla lettera della norma, si aggiungono in modo piuttosto singolare a quelle per i mancati versamenti (30% delle somme non pagate). Per chi riuscisse ad accordarsi con l’inquilino ed evitare la denuncia, un controllo fiscale al termine dei primi quattro di contratto potrebbe costare quasi 106mila euro.

Le multe al 400% solo sul «nuovo» nero

l raddoppio delle sanzioni per chi non dichiara in tutto o in parte i canoni di affitto appare applicabile solo a partire dalle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011. Per le evasioni pregresse, invece, dovrebbero continuare a valere le sanzioni previste dalla previgente legislazione. Questo è l’effetto del «favor rei», un istituto che l’ordinamento tributario ha mutuato da quello penale.

Per l’articolo 3 del decreto 472/1997, infatti, «se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole». È vero che si tratta pur sempre di una disposizione di legge ordinaria, in quanto tale derogabile dalla legge successiva, ma il decreto sulla cedolare, per l’appunto, non contiene alcuna deroga in proposito.

Questa interpretazione appare coerente con l’impostazione della legge sulla cedolare. L’inasprimento delle sanzioni, al limite del ragionevole, si giustifica proprio con l’entrata in vigore di un regime di tassazione particolarmente favorevole. Se così non fosse, la discriminazione tra contribuenti risulterebbe illegittima. Non vi sarebbe infatti alcun valido motivo per sanzionare peggio il locatore infedele rispetto, ad esempio, a chi omette di dichiarare al Fisco la metà dei ricavi d’impresa.

Un’interpretazione coerente con questo principio imporrebbe di applicare le nuove sanzioni solo a partire dalla dichiarazione dei redditi 2012, per il 2011, e non dalla prossima dichiarazione 2011, per il 2010. Questo perché il 2011 è il primo anno di vigenza della cedolare.

Un’anomalia della legge sulla nuova imposta sostitutiva riguarda l’applicazione della sanzione del 30%, per omesso versamento, in aggiunta, sembra, alla sanzione relativa alla violazione degli obblighi di dichiarazione. In realtà, questa sanzione è prevista solo in caso di imposte dichiarate e non versate. Nell’ipotesi di omessa o infedele dichiarazione, la sanzione specifica (dal 100% al 200%, per l’infedeltà, dal 120% al 240% per l’omissione) nella generalità dei casi assorbe quella afferente alla violazione degli obblighi di pagamento. L’anomalia è accentuata da due circostanze. La prima è che la sanzione del 30% è richiamata solo a proposito della definizione dell’accertamento dell’ufficio. La seconda riguarda la previsione che esclude la possibilità di definire la sanzione, con il pagamento ridotto a un terzo. Questa misura punitiva infatti non è mai riducibile, anche nella disciplina ordinaria. Si tratta di dubbi che dovranno essere risolti dalla prossima circolare delle Entrate.

FONTE: Il Sole 24ORE

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