MANOVRA: NESSUNO SVILUPPO PER IL SETTORE IMMOBILIARE

Rispetto ai tre obiettivi espliciti del decreto salva-Italia – la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici – le misure sulla casa ne centrano (e solo parzialmente) soltanto uno, quello del consolidamento dei conti pubblici. “Solo parzialmente”, perché se è vero che in prima battuta il decreto darà luogo a un maggior gettito, è altrettanto vero che esso avrà la conseguenza di deprimere ulteriormente un comparto edilizio già duramente colpito dalla crisi.

L’effetto, allora, sarà quello di de-consolidare i conti pubblici attraverso il minor gettito derivante dalla minore attività edilizia che ne conseguirà, sia nel mercato residenziale, sia soprattutto in quello non residenziale.

Un mercato quest’ultimo più direttamente funzionale di quello abitativo alla promozione dello sviluppo economico.

Secondo i calcoli della relazione tecnica allegata al decreto salva-Italia, la nuova imposta municipale sugli immobili (l’imposta municipale propria, prevista all’articolo 13) frutterà un gettito di 3,8 miliardi di euro dalle prime case, ai quali si aggiungeranno ulteriori 18 miliardi provenienti dagli altri immobili.

Il totale atteso è quindi di 21,8 miliardi dai quali vanno sottratti i 9,2 miliardi che già arrivavano dall’Ici e altri 1,6 dall’Irpef immobiliare che ora viene assorbita dal nuovo tributo.

Peraltro, l’effetto della manovra sul mercato immobiliare nel suo complesso è da ritenere che sia soprattutto psicologico andando a peggiorare le già depresse aspettative, le quali più d’ogni altro fattore necessitano di essere invertite se si vuole tornare alla crescita.

Vale la pena, in proposito, di ricordare un dato, qualche volta citato ma troppo spesso dimenticato nei fatti: il settore edilizio è un volano formidabile per sostenere l’economia del paese alla quale contribuisce direttamente – includendo i redditi immobiliari che genera – in una misura prossima al 20% del Pil.

Il maggior gettito derivante dagli immobili con l’applicazione dell’articolo 13 è comunque stimato in circa 11 miliardi, ovvero una cifra che costituisce la parte più rilevante della manovra da più di 20 miliardi complessivi.

Per i proprietari di abitazioni – in tutto oltre 33 milioni di case – l’aggravio corrisponde ad un aumento della pressione fiscale specifica del 111% e a un maggior esborso di 60 euro per unità abitativa per un ammontare medio totale per unità di 115,15 euro.

Quindi abbiamo un incremento medio fortissimo, più di due volte il gettito precedente, ma alla fine una incidenza media Ici che risulta ancora molto contenuta (il giudizio sulla pressione della fiscalità immobiliare non può tuttavia prescindere dalle numerose ulteriori imposte che gravano sugli immobili).

L’aliquota Ici effettiva, data dal rapporto del gettito totale (3,8 miliardi) sul valore di mercato delle abitazioni e loro pertinenze che ammonta a 6.335 miliardi di euro (così come attendibilmente calcolato dall’agenzia del Territorio sui valori di mercato effettivi) una cifra superiore a tre volte il Pil nazionale, è comunque pari solo allo 0,6 per mille.

Inoltre, è altrettanto certo che quanto a equità il provvedimento non coglie il segno dato che è vittima della distorsione delle rendite catastali che, come noto, non risultano correlate ai valori di mercato degli immobili, con la conseguenza “iniqua” che, a seconda del luogo – fra città e città le differenze possono essere enormi – e del tipo di immobile, l’imposta può essere più o meno elevata rispetto al valore effettivo.

Ma, oltre agli obbiettivi di crescita ed equità occorre tenere conto dei vincoli di sostenibilità che, nonostante l’esiguo ammontare medio dell’Ici sulle abitazioni – un discorso a parte occorrerebbe fare per l’Ici sugli immobili non abitativi il cui peso è ben più consistente – in molti casi l’importo specifico può essere notevolmente più elevato e soprattutto può ricadere su fasce sociali già in condizioni di accentuato disagio; è il caso delle circa 900mila famiglie mutuatarie e di un altro milione e mezzo di famiglie locatarie che si trovano a dover sostenere costi per la casa di entità superiore a un terzo del reddito, misura questa che viene considerata come quella che marca il livello di sostenibilità.

In conclusione, il provvedimento fiscale che interviene sugli immobili si caratterizza come un necessario tampone finanziario di breve periodo che acuisce però la necessità di mettere mano, in una ottica di sviluppo strutturale e di equità, a una revisione complessiva della fiscalità del settore immobiliare, a partire dal lavoro istruttorio – e poi abbandonato – della Commissione per la revisione della fiscalità immobiliare istituita dal collegato alla legge Finanziaria 2008.

di Gualtiero Tamburini

Fonte: Monitorimmobiliare.it

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Una risposta a MANOVRA: NESSUNO SVILUPPO PER IL SETTORE IMMOBILIARE

  1. fabio scrive:

    Quando compro la seconda casa pago l’11% di imposta, il 21% di IVA al notaio, il 21% di IVA all’agente immobiliare, il 21% di IVA al perito della banca, conseguentemente il notaio, l’agente immobiliare e il perito versa il 45% ciascuno di quello che io gli ho pagato. Non contenti si pretende che io su questo immobile paghi annualmente dal 7,6 al 10,6 per mille di tasse annuali. Non basta chi vende deve pagare il 21% di IVA al certificatore energetico, il 21% di IVA all’agente immobiliare e anche questi versano il 45% di quello ricevuto e più tutte le eventuali tasse catastali per diritti di frazionamenti aggiornamenti catastali ecc.. Io penso che dietro questi provvedimenti ci sia qualcosa che va al di sopra dell’incapacità, non mi torna è troppo palese. Non riesco a capire come un cittadino italiano possa accettare queste vessazioni. E poi mi chiedo dove spariscono tutti questi soldi.

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